Majority report

Fulvio Romanin
5 min readSep 13, 2017

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Iphone X, Deep Learning e come con una bocca a culo di gallina conquistai il futuro.

Ha! ha! è uscito l’aifon ics e costa milleduecento euro come un computer se la ride l’internets stamattina “tutti quei soldi per un telefonino che cade nel water!”.

Facciamo un’analisi meno da osteria per un secondo: il dato è del 2015, quindi per come corre il mondo abbastanza giurassico, ma rende l’idea: il mercato dell’iPhone è circa il 20% del mercato mondiale. Da un lato può sembrare l’enormità che è, dall’altra è l’ennesima indicazione che nella gara a chi vende di più Apple non è interessata ad arrivare prima, ma a posizionarsi come “fascia alta”. Del resto, gente, già la vecchia versione la pagavate 850 euro, OH NO QUESTA COSTA MILLE!!11!!

E’ una tecnica di marketing vecchia come il mondo: “certo, potresti avere la versione più bruttina per cento euro in meno — del resto sono certo che tu sei uno di quelli per il quale vale ha senso la versione povera della cosa vera. Puoi sempre prendere la versione vecchia”. E il consumatore pensa: “oh, accidenti, per duecento euro in più mi prendo la cosa vera, del resto ne ho già spesi ottocento, fatto trenta facciamo trentuno”. Si tratta di posizionamento rispetto agli amici e sé stessi. Nella piramide dei bisogni di Maslow, che qualunque studente di marketing avrà visto mille volte, questa cosa si posiziona in cima in cima al cucuzzolo.
“Ho l’iphone figo, quindi sono figo”.

“sono in cima alla piramide: chiamami FARAONE”

Davvero: è davvero così, siamo davvero così semplici, quantomeno come massa. E il marketing è basato sulle masse.

La cosa professionalmente ammirevole del comparto comunicazione di Apple è il riuscire a far passare per rutilanti e indispensabili features che altri smartphone hanno già da mesi: nella galassia Android molte delle novità di Apple sono già vecchie. Il telefono senza tasti? Uuuh, che novità, ce l’ho da due anni.

Prendiamone una: il Face ID. Perché da questa parte un discorso più insidioso. Il riconoscimento facciale, inteso come capacità da parte di uno strumento informatico di discernere le proporzioni del viso e fare cose di conseguenza, non è solo una tecnologia vecchia ma è una tecnologia semplice. E per semplice intendo davvero semplice: qualcosa che il vostro figlio quattordicenne smanettone, spulciando su Github, riesce a fare in un pomeriggio: una manciata di linee di javascript ed il gioco è fatto. Aggiungere gli effettini alla Snapchat con le facce buffe? Nella versione più grezza, ok, lì è più lavoro: almeno ALMENO una settimana. Sorpresi? Mica tanto: la comunità open source degli sviluppatori si balocca su queste cose da mò.

Vorrei portare però alla vostra attenzione però un dato più sottile: la press release di Apple strombazza “unendo face ID e DEEP LEARNING”. Se non lo sapete, il deep learning è quella cosa per cui i vostri dati vengono presi, analizzati da intelligenze artificiali (o presunte tali) in qualche centro di calcolo chissà dove che in base al tutto costruiscono un modello matematico “intelligente” (o presunto tale) come quello che qualche giorno fa aveva raggelato molti di noi dicendo di riuscire a indovinare se l’utente era etero o gay dalle proporzioni del viso. Un dato che Lombroso avrebbe certamente ammirato.

Deep learning, sottolineo di nuovo, significa che per poter “sbloccare o pagare con uno sguardo” voi state regalando i vostri dati biometrici ad Apple.
“OH NO!!!! E’ ORRIBOLO! PERZONA FALZA VIOLAZIONE DELLA PRAIVASI! CHIAMATE IL GARANTE!!11!” dirà il mio piccolo lettore mentre su Facebook tagga i suoi amici sulle foto delle vacanze.

Ciao gente, i buoi erano scappati di casa da mò. State solo regalando altri dati importanti ad un’altra azienda concorrente. Ciao. [edit: Federico Morello mi fa notare che Apple dichiara che il deep learning avviene solo sul telefono e nessun dato viene passato alla casa madre. Sì sì, no no, ci credo, eh. Se invece la Apple ha spacciato per Deep learning una minchiata in javascript, premio Mascetti per loro tutta la vita].
Avete presente quella scena di Minority Report dove Tom Cruise, avvicinandosi ai sensori fa scattare pubblicità personalizzate?

Ecco, se le pubblicità di Amazon su Facebook non vi avevano convinto ancora (“ma stavo guardando su Amazon offerte per manichini di cani e mi appare la pubblicità su Facebook! gombloddo!”) sappiate che siamo ancora un po’ più vicini a questo. “BUONGIORNO FULVIO! MI PERMETTO DI SUGGERIRTI PREPARAZIONE H2 PER LE EMORROIDI PIU’ RUVIDE!”.
Benissimo.

Io non sono un luddista, tutt’altro: sono un tecnofilo, uno che si gàsa tantissimo per le meravigliose e progressive sorti del mondo e della SCENZA. Oggi però sono un po’ più vicino alla percezione di avere perso il treno. La mia azienda fa cose piuttosto futuriste nell’ambito della realtà virtuale via web. Ma, per quanto siano centinaia di migliaia di righe di codice scritte a manina santa da bravi amanuensi digitali, non sono nemmeno paragonabili alla smisurata vastità del software dietro questi moloch tecnologici: il paradigma per il quale Linus Torvalds nel 1991 costruì Linux, un sistema operativo open alternativo ai mostri del software quali Microsoft e — di nuovo — Apple, ora partirebbe con uno svantaggio davvero molto arduo da colmare. Non più centinaia di migliaia di righe di codice, ma BANCALI, BUNKER di codice con migliaia di computer attivi in contemporanea.

Per carità: in una qualche cantina in Kazakhstan il giovane Dimitri Giugasvili (non è parente) sta probabilmente costruendo l’app del prossimo decennio, ma la distanza che c’è tra una azienda normale e questi moloch, specie grazie alla quantità di dati che noi ogni giorno generosamente gli forniamo in cambio del filtrino carino per le foto delle vacanze si sta allargando a dismisura.

Consolazione di noi poveri — ne parlavo proprio ieri: queste megacorporation non sono dei villain interessati a soggiogarci fisicamnte, né credo un granché alla profezia di Elon Musk per la quale le intelligenze artificiali un giorno ci metteranno in boccioni di formalina alla Matrix o faranno scoppiare la guerra atomica. Mi pare un po’ una sempliciottata, sincero, persino da una mente così sofisticata.

A queste megacorporation — a tutte, WeChat compresa, Alibaba compresa, Amazon compresa, e via dicendo — interessa solo conoscerci meglio (se avete sentito un brivido lungo la schiena, avete fatto bene), e trasformarci in consumatori fidelizzati e ricursivi.

Per cui gente, bando agli indugi, e fuori quei duecento euro in più per l’iPhone X: cosa cambia se per due settimane saltate i pasti? In fondo potrete venire più snelli nelle selfie con il filtrino carino che a stare tutto il giorno davanti a Netflix siete ingrassati, lasciatevelo dire.

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Fulvio Romanin

Ensoul CEO, old school bboy, part time essayist and novelist. A curious soul overall.